HANNO SCRITTO DI LEI

CLAUDIO STRINATI:

La mostra delle opere di Cinzia Cotellessa è stata splendidamente ambientata in Castel Sant’Angelo e non solo perché il tema portante è quello degli Angeli.

Questo, certo, è il motivo principale ma la tematica della pittrice non è tanto quella della figura angelica in sé quanto quella di una sorta di quintessenza promanante della figura dell’Angelo per diventare simbolo di qualcosa che va oltre l’apparenza immediata per assumere le sembianze di una metafora di pace, bellezza e benessere sospesa in una dimensione onirica e rarefatta in cui l’artista trova una sua propria specificità espressiva.

Il volo dell’Angelo prende così un significato universale che è quello di un collegamento che lega gli uni agli altri e svela una matrice etica dell’atto estetico che nel caso della nostra artista appare rilevante.

Così si può dire che in questa mostra, aldilà del tema specifico, investe il dominio di un retaggio storico profondo che in un ambiente come il Castello consegue un doppio valore, quello dell’arte in se e quello della stratificazione di memorie possenti che risorgono davanti ai nostri occhi proprio in presenza di un’artista a noi contemporanea ma attenta alla contemplazione del passato.

Claudio Strinati

Claudio Strinati: Soprintendente Speciale per il Patrimonio Storico , Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di ROMA.

MARINA PIRANOMONTE:

Lo stretto legame che unisce l’arte di Cinzia Cotellessa con la grande arte greca e romana appare evidente nella sua padronanza dell’anatomia umana e nella plasticità dei suoi nudi e delle sue figure.

Sin dai primordi della storia dell’arte, il nudo è stato inteso come simbolo, allegoria, forma ideale.

E’ eccezionale l’importanza che assume fin dalle origini la rappresentazione dell’uomo per l’arte greca, facendone il centro del proprio mondo, umanizzando la divinità; costruendo l’immagine con razionale organicità e con struttura monumentale, quasi architettonica, l’arte greca ricerca nell’individuo l’ideale di bellezza divina e trasferisce la nudità su un piano eroico e universale.

La piena conquista dello scorcio, e quindi del ritmo e del movimento che porta ad atteggiare liberamente l’immagine nello spazio, è accompagnata e sorretta da un’incessante analisi del particolare anatomico.

La concezione originaria della figura maschile nuda nacque dall’assoluta libertà di spirito con cui gli artisti greci impostarono i loro problemi figurativi e dalla ricerca del tipo attraverso l’individuo.

La nudità del ko.ros nell’arte e la nudità dell’atleta nelle gare sono frutto di uno stesso atteggiamento spirituale che distingue la Grecia da tutte le altre culture.

La figura maschile nuda sarà il tema più caro agli artisti greci, e ognuno ne darà formulazioni sempre nuove dall’arcaismo al tardo ellenismo. La completa nudità femminile, rappresentata nella dea Afrodite, sarà sottolineata dal panneggio, che con Fidia acquista delicate trasparenze o dalla nudità totale, a rappresentare l’ideale assoluto della bellezza femminile.

Tra i tanti artisti greci noti dalle fonti antiche ricordiamo Policleto, che creerà il canone delle perfette proporzioni del corpo atletico, Prassitele, con il quale il nudo acquisterà delicate morbidezze carnose, mentre con Lisippo i muscoli torneranno ad essere in primo piano.

In questa sede non esito ad evocare i nomi dei più grandi scultori greci parlando di un’artista contemporanea, come Cinzia Cotellessa, perché la sua padronanza del disegno, pur nella difficilissima tecnica della sanguigna, la pone a livello di grandi artisti del passato più lontano.

Vorrei qui solo ricordare la sua maestria nel rappresentare i dettagli anatomici dei piedi, o la delicatezza dei suoi Angeli custodi, dalle forme piene e carnose, come quelle di Prassitele. La bellezza delle forme dei suoi nudi, sensuali ma mai volgari, la pone in un universo a parte tra gli artisti di oggi, nel mondo dei grandi e insuperati maestri dell’arte classica.

Marina Piranomonte

Direttore Archeologo Coordinatore della Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologi di Roma

MARA FERLONI:

La forte personalità stilistica e l’originale creatività di Cinzia Cotellessa vengono fuori negli oltre centocinquanta lavori presentati in questa antologica e suddivisi in sezioni, lavori che raccontano lo straordinario percorso artistico degli anni dal 1994 a oggi.

L’esposizione si apre con i Ribbons, nastri fluttuanti che malgrado intrecci e percorsi diversi riescono a liberarsi ricercando la perfezione di un cerchio.

Come ho già avuto occasione negli anni di scrivere, Cinzia fonde sentimento e ragione, concettualità e capacità tecnica, una continua ricerca – anche attraverso la numerologia – di soluzioni innovative nelle quali le esperienze del passato si fondono con il presente e danno luogo, nelle pitture e nelle sculture dinamiche, a raffinati incontri ricchi di simbologie.

La sua mente è sempre in movimento per approfondire appassionanti tematiche culturali, filosofiche, esistenziali, religiose che poi diventano fonte delle sue opere, realizzate con l’acquerello, la china, l’olio, il caffè, la tempera.

Ma è soprattutto con la matita rossa, dal caldo tonalismo ottico, che la sua mano traccia sicura e dà corposità e vibrazioni a figure di donne di diverse epoche, sensuali e carnali, che hanno voglia d’amare…o a deliziosi angioletti e cherubini, il prezioso tramite tra il Divino e l’uomo, una presenza comune a tutte le religioni, oggi più che mai uno straordinario legame tra i popoli.

Tenere ed incisive le opere dedicate ai suoi amici a quattro zampe, che esprimono tutto l’amore per gli animali, ed ancora le divertenti palline da golf, ideate quando nel 2003 fu selezionata a rappresentare l’Italia in una mostra dedicata a questo sport e diventate poi palle….rotte appoggiate su tele, opere minimaliste che riportano alla Cracking Art e attivano un discorso all’apparenza facile ma che in profondità sottintende al problema complesso della salvaguardia dell’ambiente, che oggi coinvolge sempre più l’umanità.

E come non parlare dell’originale e misteriosa Sedia Antropomorfa e dei molteplici suoi significati? E’ una sanguigna di proporzioni eccezionali costituita da sei elementi unibili ed installabili dentro cubi di plexiglass di differenti volumi, un’immaginaria tastiera che forse sotto il drappo nasconde un appassionato abbraccio.

Infine più recentemente Cinzia è affascinata dai Guerrieri della Luce, un libro di Paolo Coehlo, uno scrittore tra i più importanti della letteratura mondiale.

L’artista attraverso la lettura di questo libro “illumina” in maniera sorprendente i volti di 33 artisti del passato, grandi senza tempo che con i loro capolavori hanno lasciato una traccia indelebile nella storia di oggi ed anche per quella di domani.

Una mostra emozionale e conoscitiva, nella quale emerge, nel grigiore di questi tempi, la solarità di un’artista che, attraverso la vasta gamma di esperienze, nel “mutare” della vita ha raggiunto un traguardo maturato con serietà ed impegno.

Mara Ferloni, critico e direttore di Ages

ANNA IOZZINO:

… Particolarmente interessanti le opere di Cinzia Cotellessa che si staccano dalla consuetudine e dalla tradizione con una personalità che si rivela prorompente, vivace e in linea con le problematiche del suo tempo.

L’armonia compositiva e cromatica delle immagini ben evidenzia la preparazione di questa artista che ha esordito nel mondo dell’ arte all’età di 13 anni e che ha avuto il suo primo successo a Spoleto con una mostra personale di chine in bianco e nero sul tema delle foreste equatoriali.

E’ passata poi a dipingere nudi caldi e sinuosi con la sanguigna fino ad approdare alle opere odierne smaglianti di colori puri a campiture quasi uniformi con il gusto esotico e del primitivo…

Dott.ssa Anna Iozzino critico d’arte

DANIELA ROMANO:

Storie, storie, storie, storie …….. non facciamo che raccontare storie!
Ed ecco che Cinzia Cotellessa ci racconta la sua: il suo ipsismo, la sua necessità di sopravvivere. Più che giusto: s’ impegna in realtà come una pantera per raggiungere questa soggettività, con un discorso formale mediato, nei confronti dell’ interlocutore, dal garbo dalla pazienza, pieno di sfumature (cromatiche) e di aspettative.
Chi mai potrà sospettare la rabbia di tramettere il messaggio che c’è dietro questa filtrata mediazione!
Storie! Storie di donna che calibra la sua interattività con un messaggio trasmesso e contenuto da un punta di sanguigna su di un foglio bianco.
E voi, mi direte che cosa ci vuole raccontare?
Lei, ci vuole raccontare di SE’, come simbolo di NOI.
Il nostro racchiuderci dentro un bozzolo, dentro una placenta sicura e nutritiva dove non c’è paura se non quella di uscirne….
Ecco il nocciolo ! Stiamo sufficientemente bene con noi stessi, ma con grande paura di confrontarci con il resto del mondo.
Non basteranno i ponti sociali con l’esterno per esorcizzare le nostre angosce!
Ma sulla carta, l’ informazione è sottile e persuasiva nell’ attrarre il malcapitato in questo mondo femminilistico mascherato da una natura da cronista del proprio tempo, sebbene pieno di coscienza storica, e pilotato a condurci per mano, infine, dentro di noi.
Quindi: uscire allo scoperto, esplorare con solerzia e con metodo indagatorio spietato, per rientrare all’ interno …..risortirne vincenti o perdenti senza previsione alcuna.
Cinzia, non ha ancora conquistato la finalità del suo ruolo, perché sta lottando con tutta la sua forza di una mina rossa: una punta che non è per niente ignorante ed ha scavato ed esplorato questo interiore femminino con tutte le difficoltà logistiche che ben attagliano al ruolo.
Ma … che conquista in questo aspro percorso, appropriarsi, tratto su tratto, innanzitutto di se stessa! E poi, piano…piano…prendere e condurre per mano nella propria danza gli interlocutori in uno spettacolo autogestito. A noi, in fondo, non dispiacerebbe partecipare a questo ”show” improbabile ma accattivante perché noi tutti come la Cotellessa siamo alla ricerca della conquista di noi stessi , magari tramite la mina ben appuntita di una matita rossa.

Maestro Daniela Romano (1994)

GIOVANNA BISTOLFI:

Sembra strano osservando le opere della Cotellessa poter affermare che è rintracciabile nel suo lavoro quasi un percorso al contrario.

Siamo soliti ammirare quadri astratti dipinti da artisti che hanno iniziato la loro ricerca partendo dal figurativo; qui l’autrice ci indica chiaramente come il suo nuovo approdo stilistico prende le mosse da nascoste forme geometriche, attratta ed incantata dalla perfezione, corporeità e plasticità della sfera, ci propone nudi opulenti, trasbordanti di sensualità in cui riesce a sublimare queste forme geometriche, incatenandole l’una all’altra.

In queste tecniche miste con il suo temperamento “nativamente” esuberante, irrazionale, ci fa scoprire la sensualità nascosta in un piede, piede ambiguo, non di uomo, non di donna, ma nervoso, vibrante.

Perché i suoi nudi, sono versi poetici urlati, immersi in una dolce sospensione con l’ambiente che li circonda carico di tende, drappi, nappe, capelli, legami intrecci che ci riportano forzosamente ai tormenti interiori vissuti però con serafica semplicità quasi come se il rimanere fortemente in contatto con la realtà e la materia possa in qualche magico modo renderci più semplice e dritto il cammino.

All’uso sapiente della sanguigna si è congiunto l’utilizzo di colori pastosi, caldi: verde marcio, verde sottobosco su cui in un modo o nell’altro si pone la figura, così come noi giacciamo sulla profondità del nostro inconscio.

E’ l’attimo sospeso, infinito, in cui avviene la metamorfosi del colore e della forma.

I corpi, questi corpi nudi, abbandonati, che sfacciatamente si propongono e contemporaneamente si celano al nostro sguardo, che ci lasciano intuire che vi è dell’altro da vedere e da scoprire per stuzzicare la curiosità e l’arguzia dell’osservatore.

L’artista coniuga con il suo senso creativo la memoria e lo stile linguistico, la sperimentazione e la rappresentazione, ornamentazione e comunicazione, poesia collettiva dell’arte e prosa personale della materia ….adesione alla vita per creare e distinguere, per espandersi, dissolversi e rinnovarsi.

Dott.ssa Giovanna Bistolfi 

 

ANTONIO SORGENTE E MARIA PIA CAPPELLO

Hanno scritto di lei e delle sue opere Antonio Sorgente nei libri “Roma dipinta nella memoria” e “Pittori italiani e stranieri a Roma

e Maria Pia Cappello nel suo “Tratti Poetici“.

 

 

 

 

ALICE FALSAPERLA

SEDIA ANTROPOMORFA

La genesi della serie denominata “Sedia Antropomorfa”, realizzata dalla sofisticata e poliedrica artista Cinzia Cotellessa, ha avuto origine nel 2014 a seguito di un ricco e multiforme percorso artistico e antropologico.
Tali opere, di varie dimensioni, sono realizzate in sanguigna o olio su tela, incastonate in scatole di plexiglass e avvolte da un trasparente mistero che cela e rivela. Come le scatole Fluxus (1968), tali creazioni contengono l’enigma, facendosi cassetto della mente umana.
Osservare “Sedia Antropomorfa” è come guardare una stanza attraverso una porta vetrata, trattenendo con una mano il battente a metà, rimanendo in punta di piedi sulla soglia.
Si ha la sensazione di spiare e di provare una percezione non più soltanto visiva, ma uditiva, che poi si dirama capillarmente verso tutti gli altri sensi.
La condizione è di spaesamento, incertezza, di non padronanza di sé, ma la curiosità e l’attrazione per l’ignoto supera la paura che ne deriva.
Di fronte all’uscio, uno spesso tendaggio copre la parete di camere morbide che, poste in successione, si mostrano differenti l’una all’altra, sempre più imbottite, sempre più femminili, in un climax crescente.
Una presenza ineffabile anima quei luoghi, forse quella di una donna che giace addormentata dietro un tendaggio scanalato come una colonna, o forse quella di una sedia composta. La natura mùta e non artistica della poltrona contrasta squisitamente con quella vitale ed espressiva dell’anatomia umana, compenetrandosi in una creatura mitologica che, eroticamente e lentamente, prende vita. Prima le braccia che, intorpidite, emergono dalle lenzuola, poi un esile busto femminile che si erge con i suoi seni come vertici di energia, un piede che, con il suo alluce petulante, scivola lungo la seta, una gamba tornita di muscoli che si fa spazio nel velo del reale, squarciando prepotentemente l’illusione onirica creata.
L’artista volutamente lascia la figura mancante solo di una parte: il volto, l’identità che lo caratterizza, permettendo all’osservatore di immedesimarsi in essa e nelle forme che popolano l’inconscio.
Le stoffe che guarniscono la sedia, trattengono l’attimo della posa, ne contengono la sagoma senza possederla, diventando memorie di un vissuto che oscilla tra veglia e sonno, conscio e inconscio, vita e vanitas. Sapientemente dettagliate e diversificate, sono tessute di sottilissime fibre e ricordano la stessa meticolosità della rappresentazione rinascimentale delle specie botaniche. Solenni e austere, pendono avvolte da una luce anestetizzante; non invitano alla confidenza, ma i colori dell’ambra appaiono rassicuranti e quelli della porpora sembrano suonare la melodiosa storia di una vita.
Questi mobili antichi si fanno protagonisti dell’opera, dell’infanzia dell’artista e della sua storia.
Per un metafisico bisogno di immortalità le loro forme si confondono con le immagini delle persone e degli ideali che costellano la sua vita.
I dettagli delle opere, in scorcio prospettico, occupano tutto lo spazio, diventando l’essenza stessa dell’opera.
Come tasselli di un puzzle, singolarmente tessono la propria storia astratta e solo insieme creano un grande mosaico figurativo.
Infine l’apice, il volo della piuma che sfida e vince, almeno momentaneamente, la forza di gravità, sospendendola.
Impalpabile, la piuma ondeggia al centro della composizione, diventandone il punto di fuga. Il suo moto leggero e incerto conferisce allo spettatore un senso di ilinx, la categoria di Roger Caillois, la profonda vertigine simile a quella dell’amplesso, del volo, dell’ignoto, come una parte di sé che va altrove e che, inevitabilmente, si perde.
La piuma è la libertà, l’abilità individuale con cui l’uomo, per primo Icaro, sa muoversi all’interno della gravità del reale, come la piuma con la consistenza materica, il cui impatto è assordante.
L’intento di Cinzia Cotellessa è un invito, nei confronti dello spettatore e dell’uomo stesso, ad osservare l’altro aspetto delle cose e a cogliere il generale racchiuso nel particolare, il microcosmo in cui l’astratto e il verosimile si confondono, in cui i lembi del sogno rimangono ancora attaccati alla nostra mente.